La crisi economica ha portato la maggior parte delle società quotate negli Stati Uniti a rivedere l’ordine delle priorità tra le attività di Investor Relations. La portata di tale cambiamento nei dipartimenti IR varia a seconda della capitalizzazione di mercato. 

Nelle blue-chip, infatti, vi è ampia disponibilità da parte di CEO, CFO e responsabili di singole Business Unit a tenere conference-call con gli analisti buy-side, ma non ad intraprendere road-show all’estero.
Diverso è il caso delle piccole-medie imprese che hanno assistito a una significativa diminuzione delle richieste di incontro da parte della comunità finanziaria, con conseguente minore coinvolgimento del top management nelle attività di IR. 

Oggi le Investor Relations sono chiamate ad affrontare temi di comunicazione tattica e strategica in modo flessibile e veloce, nel pieno rispetto dei principi di trasparenza e integrità della comunicazione finanziaria, ma con meno risorse rispetto a prima.

L’attuale congiuntura impone, infatti, ai responsabili IR fermezza e completa padronanza di diverse informazioni aziendali, relative non soltanto ai dati contabili e alla situazione creditizia, ma anche (e soprattutto) al modello adottato di corporate governance e ai compensi al top management.

È opinione diffusa che le Investor Relations siano, nella loro essenza, la voce del capitalismo in quanto hanno il compito di spiegare le dinamiche di un business e la sua capacità di utilizzare in modo profittevole il capitale affidato all’impresa dagli investitori.

Misure proattive adottate dai dipartimenti IR per rassicurare la comunità finanziaria e costruire un clima di fiducia tra gli investitori attuali e potenziali possono potenzialmente limitare il crollo dei rispettivi titoli in borsa e, in ultima istanza, contribuire a far sì che le azioni delle loro società raggiungano e mantengano una valutazione corretta (fair value).

 

Fonte: NIRI (National Investor Relations Institute)

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