L’aspetto che in questo momento preme sottolineare, al di là degli specifici interventi sulle singole parti della nuova normativa, è quello della correttezza e trasparenza della informazione societaria e delle possibili ripercussioni sull’attività dei professionisti e in particolare degli avvocati.

Infatti, una recente decisione della Corte di Giustizia Europea del febbraio 2002 (Corte di giustizia, 19 febbraio 2002, C – 309/99, Wouters), in un caso di rapporto interassociativo tra avvocati e revisori dei conti in Olanda, ha stabilito l’invalidità di tali associazioni, e quindi la legittimità delle specifiche norme esistenti nei vari paesi che le vietano.

 

Questo per l’intuitiva ragione che il consulente legale è tenuto a dare la massima adesione alla richieste della società cliente, mentre il revisore è tenuto ad obblighi diversi che sono molto spesso in conflitto. Sicchè l’orientamento che permette la multidisciplinarietà delle possibilità operative tra i vari professionisti deve essere attentamente considerato, tenuto conto delle caratteristiche delle singole professioni.

 

Più in generale, invero, a livello europeo vi è un principio espresso dal C.C.B.E. (Consiglio degli Ordini Forensi Europei) per cui le associazioni multidisciplinari devono essere evitate e sono sconsigliate in quanto potenzialmente implicanti conflitti di interessi, certamente dannosi per la regolarità dei rapporti all’interno delle società . Si pensi, ad esempio, al principio di segretezza o di indipendenza. Il professionista (avvocato o dottore commercialista) è tenuto alla segretezza delle informazioni ottenute, mentre il consulente in alcuni paesi non è tenuto alla stessa segretezza .

 

Occorre quindi una grande cautela nel valutare le strategie di sviluppo delle grandi strutture di revisione che hanno creato in tempi recenti uffici di consulenza legale all’interno delle stesse strutture, dovendosi cominciare a dubitare della liceità della attività dei revisori in tali situazioni.

 

D’altra parte, le società devono mantenere la più ampia trasparenza, nella loro attività, e debbono consentire il controllo della legittimità delle varie iniziative, nell’interesse di tutti i soggetti che sono coinvolti a vario livello nelle sorti della società.

 

Tutto questo ha avuto uno sviluppo notevole, come è noto, soprattutto negli Stati Uniti ove è scoppiato il caso Enron (di proporzioni veramente gigantesche), che ha indotto la S.E.C. (Securities and Exchange Commission) ad approvare le iniziative di vari parlamentari americani e la proposta di nuove regolamentazioni e normative molto più punitive rispetto al passato.

 

In particolare con l’ormai noto Sarbanes – Oxley Act sono state introdotte disposizioni rigidissime (l’innalzamento fino a 25 anni della pena massima per reati di frode contabile, un nuovo reato federale con pene fino a 20 anni di reclusione per chi distrugge, altera o falsifica documenti, e altro ancora), ed è stata sancita l’incompatibilità tra attività di certificazione e attività di consulenza svolta a favore della stessa compagnia. Per di più sono state formulate proposte per colpire l’attività degli avvocati europei, i quali sarebbero tenuti, secondo queste proposte a rispettare due concorrenti obblighi:

 

  • l’obbligo di informare le gerarchie delle società (quando in ipotesi svolgano attività di assistenza di una filiale europea che sia consociata con una casa madre americana), se essi siano “ragionevolmente convinti” che la società europea effettui una violazione materiale della legge americana (in altre parole, tutte le volte che vi sia l’impressione che una situazione locale possa determinare una violazione che abbia influenza sulle società americane, gli avvocati dovrebbero informare le società americane di queste situazioni);

 

 

  • l’obbligo alternativo di comunicare alla SEC, in mancanza di una risposta alle informazioni date, la “rinuncia motivata” al mandato ricevuto (letteralmente “a noisy withdrawal”).

 

 

E’ logico che queste proposte abbiano preoccupato vivamente gli organi forensi europei tanto che il CCBE ha reagito vivamente, a nome delle rappresentanze nazionali degli avvocati, ribadendo che gli avvocati europei non possono essere tenuti a leggi e a regolamentazioni approvate dagli USA, che impongano di violare il segreto professionale; per di più la SEC americana non può imporre regole di comportamento agli avvocati di altri paesi; senza contare poi che l’iniziativa della SEC richiederebbe agli avvocati europei di conoscere approfonditamente il diritto americano per valutare quando un comportamento della società italiana o europea possa violare questo diritto .

 

Al di là di questi aspetti che toccano il rapporto professionale (anche in Italia ci si è posti talvolta il problema deontologico se l’avvocato che assista un funzionario o dirigente della società sia obbligato a riferire agli amministratori le eventuali violazioni di legge riscontrate), è importante ricordare che il mondo sta unificandosi e, in virtù dell’enorme interesse per le società e per i movimenti di capitali, vi è un bisogno essenziale di indipendenza e di etica a tutti i livelli.

 

Così, con riferimento specifico al nostro nuovo diritto societario, è dubbio che l’indipendenza possa essere pienamente assicurata attraverso i sistemi che sono stati introdotti. E’ dubbio infatti, ad esempio, nel sistema dualistico (art. 2409.8), che l’indipendenza possa essere assicurata, quando si pensi che i soci nominano il Consiglio di sorveglianza e quest’ultimo nomina il Consiglio di gestione, onde i membri di quest’ultimo sono direttamente dipendenti dal primo. E lo stesso accade nel sistema monistico (art. 2409.16) che prevede un Consiglio di amministrazione e un Comitato per il controllo di gestione costituito al suo interno.

 

Occorrerebbe quindi fin d’ora assicurare alla nuova disciplina un sistema di controlli interni, e di trasparenza esterna, al fine di assicurare la correttezza delle informazioni, che sono garanzia di legalità per l’opinione pubblica e per il mercato.

 

Preme in definitiva sottolineare che l’esigenza d’indipendenza degli organi amministrativi è fondamentale, così come è fondamentale l’esigenza della trasparenza. Non dispiace quindi ricordare una sentenza recentissima della Cassazione (Cass., 8 novembre 2002, n. 15749), a proposito di un dirigente che si è rifiutato di alterare i bilanci di una società, con la quale è stato stabilito che il rifiuto del dirigente di apportare modifiche al bilancio della società datrice di lavoro che presentino irregolarità contabili e fiscali non è motivo legittimo di licenziamento . E’ un piccolo principio che si innesta nel solco della più ampia tradizione che si vuole affermare. Vi è un bisogno maggiore di etica, di indipendenza e di trasparenza. Se le nuove disposizioni societarie consentiranno di andare in questa direzione tutti potranno avvantaggiarsene: altrimenti occorrerà rivederle per recuperare quei principi che rendono più solida l’attività di impresa e fanno delle società i vettori portanti della nostra economia.

 

 

Remo Danovi, Presidente del Consiglio Nazionale Forense